UN PERCORSO DI CRESCITA
Romina e Laura sono partite per la Cambogia per un’esperienza missionaria e di tirocinio infermieristico presso la SUPSI (Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana) di Lugano.
Romina ci parla della sua esperienza:

“Perché proprio un viaggio? 
“Perché non restare qui, in Ticino, ad imparare in maniera sicuramente diversa le pratiche del mestiere che andrò ad intraprendere?”
“Perché fare un viaggio di 12 ore di aereo, con ben 6 ore di fuso orario, Iontano dalla mia famiglia e dai miei oggetti più cari, col rischio che questa avventura diventi anche un pericolo per la salute?”…
Queste sono le domande che mi aifliggevano, prima di partire per la Cambogia. Le emozioni che provavo poco prima di intraprendere questa avventura erano moltissime e differenti: felicità, tristezza, paura, panico, curiosità…
Il sentimento che mi giungeva più alla mente era la paura di non riuscire ad affrontare le difficoltà che avrei incontrato durante il mio viaggio.
La paura venne maggiormente intensificata al pensiero di dovermi allontanare per così tanto tempo dalle persone a cui tenevo di più e senza le quali credevo di non riuscire a superare le difficoltà. Tutte queste sensazioni mi hanno accompagnato per i primi giorni in Cambogia. Arrivate all’aeroporto di Phnom Pehn, il primo pensiero che mi giunse alla mente fu: “oh cavolo.., ma dove mi sono cacciata? Che cosa ci faccio qui? Ce la farò mai? Ho sufficienti risorse per affrontare tutto questo?”.
I primi giorni di permanenza sono stati difficili: lo stress non indifferente dato dal fuso orario creava un alone di confusione e disorientamento nella mia mente. Mi sentivo spaesata, spaventata, impotente…. Per fortuna ci hanno accolte delle persone veramente cordiali e disponibili, Francesca e Geremy, le quali ci hanno fatto fare un “mini tour” lungo la capitale, per cominciare a darci una prima e parziale idea di cosa ci avrebbe aspettato.
Il primo giorno infatti, siamo andate a visitare il “Tuoi Slang”, la vecchia prigione cambogiana (ormai adibita a museo), nella quale vennero tenuti prigionieri moltissimi cittadini cambogiani durante il periodo di presa al potere da parte dei Khmer Rossi. Vidi delle immagini terrificanti e provai delle sensazioni forti. Cominciai a capire quanto il periodo di permanenza dei Khmer Rossi abbia segnato in maniera considerevole le sorti del popolo cambogiano.

Ad essere sincera non ero in possesso di informazioni dettagliate riguardo a cosa fosse successo alla Cambogia durante la permanenza dei Khmer Rossi. Dopo aver visitato questi luoghi ricchi di storia, e dopo esser entrata in contatto diretto con le testimonianze degli uomini che hanno vissuto in prima persona questi lunghi e spaventosi anni, credo di aver realizzato e riconosciuto le ragioni per le quali la Cambogia si trova ancora in queste condizioni di povertà e impotenza. Le informazioni riguardo ai fatti accaduti durante il regime Khmer mi vennero inoltre narrate da alcune persone che abbiamo incontrato durante il nostro viaggio. Tra questi vorrei ricordare il dottor Nareth, il medico delle clinica mobile alla quale offrivamo il nostro appoggio, e sua moglie, un’infermiera veramente in gamba, che ci ha narrato le loro avventure durante questi anni bui. Furono delle storie molto emozionanti e ricche di spunti di riflessione, alle quali ho prestato molta attenzione. È stato incredibile percepire ancora nei loro racconti quanto fosse vicino il ricordo di quelle terribili vicende, e quanto fosse il loro bisogno di raccontare, testimoniare, esternare quello che hanno provato e che forse provano tuttora.

Dopo i primi giorni di “assestamento”, io e Laura cominciammo il nostro percorso professionale.

Ci siamo spostate con la clinica mobile verso una decina di villaggi alle quali l’associazione “MISSIONE POSSIBILE”, con la quale collaboriamo, offre il suo aiuto. Questi sono villaggi veramente poveri, alcuni dei quali disseminati nelle campagne distanti ore dalla capitale. In molti di essi manca la maggior parte dei beni di prima necessità, come ad esempio acqua potabile, cibo a sufficienza, materiale per cucinare (ad eccezione della brace), servizi igienici, servizi di cura…

Giunti nel luogo stabilito, il team si occupa della catalogazione dei pazienti che si recano presso di noi, della visita da parte del medico, e della distribuzione delle medicine che il medico ci prescriveva. lo e Laura eravamo le addette alla distribuzione dei medicinali, e della medicazione di eventuali ferite.

È stato un lavoro faticoso (anche se a dirlo non sembra), ma anche molto arricchente in quanto ci ha fatto entrare in stretto contatto con la popolazione locale. Con la pratica e l’allenamento linguistico, siamo riuscite a gestire in maniera autonoma il processo di distribuzione dei medicinali e medicazione delle ferite. Il nostro lavoro è stato anche facilitato dall’aiuto del team cambogiano, sempre pronto a sostenerci ed insegnarci nuovi termini che ci avrebbero aiutato a farci comprendere dalle persone del posto.

Quando la clinica non andava in visita ai villaggi, io a Laura andavamo ad offrire il nostro aiuto ad un’altro team, I’ “home base care”, che si occupava anch’esso della cura e del supporto di popolazioni povere vicine alla capitale.

L’home base care era però incentrato su una prospettiva per lo più sociale, Il team si occupava infatti del sostegno a persone ammalate di AIDS, per lo più con cibo, filtri per l’acqua potabile, strumenti per l’igiene personale, profilattici e latte in polvere per i neonati. Dopo un primo periodo di rodaggio, io e Laura abbiamo deciso di proporre ad entrambi i teams (la clinica mobile e l’home base care), di inserire all’interno del percorso assistenziale anche un programma di igiene della persona e prevenzione delle malattie. Dopo aver ottenuto il consenso, io e Laura abbiamo iniziato con lo sviluppo del nostro progetto d’igiene.

Primo tra tutti: l’igiene delle mani! Abbiamo fabbricato un cartellone raffigurante i 4 passaggi principali per un’igiene corretta delle mani. Inizialmente abbiamo avuto delle difficoltà nel trasmettere in maniera efficace il nostro messaggio, ma con l’aiuto di traduttori e sostenitori del progetto, questo ha riscosso un grande successo.

Secondo progetto: l’igiene del corpo! Sempre con l’aiuto d’immagini e simboli, abbiamo creato un cartellone che spiegava i passaggi fondamentali per una buona cura del corpo.
Anche qui non sono mancati i problemi nel cercare di trasmettere correttamente il messaggio. Tra questi si può evidenziare la differenza di cultura: io e Laura abbiamo avuto difficoltà nel parlare di igiene, senza invadere la privacy delle donne o imbarazzare le persone che ascoltavano.
Con un pò di ingegno e di fantasia, siamo riuscite a trasmettere il nostro importante messaggio.

Terzo progetto: l’igiene della casa e dell’ambiente. La volontà di sviluppare questo progetto è nato nel momento in cui ci siamo rese conto dell’inutilità di educare le persone all’igiene del corpo, se le stesse sono immerse in “montagne” di sporcizia, e costantemente esposte a patogeni spesso pericolosi per la salute.
Per questo motivo ci siamo rese conto della necessità di insegnare alla popolazione locale come rendere l’ambiente e la propria abitazione il più pulita e igienica possibile.

Giunta alla fine di questo percorso, mi sento in dovere di fare qualche considerazione in merito alla crescita professionale e personale che ho avuto grazie a tutte le cose che ho imparato in questo viaggio.

Ho imparato cosa vuoi dire essere pazienti. Ho capito l’importanza del denaro e del risparmio a favore del valore delle piccole cose, come l’acqua, il pane… cose che invece spesso ho sottovalutato. Ho imparato a collaborare, sia con persone appartenenti alla mia stessa etnia, ma anche con persone di etnia, cultura e religione differenti dalla mia.

Ho imparato a contare sulle mie forze e a sfruttare le mie risorse per riuscire a superare le difficoltà. Quando mi trovavo in Italia, per affrontare i problemi mi sono spesso appoggiata alle persone che mi stavano attorno, in particolare alla mia famiglia.
Grazie a questa esperienza ho capito che posso riuscire a raggiungere i miei obiettivi, sia con l’aiuto dei miei cari, ma anche con le risorse che ho dentro di me.
Ho avuto anche l’opportunità di riavvicinarmi alla fede in Dio. Grazie alla presenza di persone eccezionali e molto fedeli che mi hanno accompagnato in questo viaggio, ed ai molteplici incontri con persone appartenenti alla chiesa, ho avuto l’occasione di pregare, riflettere sull’importanza della fede e della preghiera, di capire quanto la presenza di Dio ti possa aiutare nell’intraprendere un percorso di aiuto, rispetto e aiuto verso il prossimo!
Spero con tutto il mio cuore di riuscire a conservare il più a lungo possibile il ricordo di questa esperienza, e che le cose che ho appreso in questo percorso mi servano per crescere e diventare una persona più matura, più consapevole dei miei limiti e delle mie risorse. Una persona migliore.

Romina

Cambogia, 16.9.2010 – 16.12.2010

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