Port-au-Prince, 12 gennaio 2010

Ore 16.50 – Gli uffici stanno chiudendo, i ragazzi tormano da scuola, le domestiche preparano le tavole dei loro padroni, il traffico impazzisce lungo le strade per Delmas, Carrefour e Tabarre.
Ore 16.53 – Tutti sono immobilizzati. Le orecchie e gli occhi della gente odono e vedono l’orrore avanzare contro di loro. Un rumore mai sentito prima.

Poi la terra, i nostri marciapiedi haitiani, tutto il paese si mette a tremare con una forza e un’intensità mortifera. Poi solo chi è salvo inizia a darsi da fare. Tutti iniziano a correre a destra e a sinistra, in tutte le direzioni. Tutti piangono, gridano; il nome di Gesù è sulle labbra di tutti gli haitiani. Le case crollano. Gli ospedali sono pieni di feriti e di persone che stanno per morire. I medici e gli infermieri non sanno più cosa fare. L’orrore è ovunque. Le madri cercano i loro figli, gli uomini le loro mogli. Le nuove scosse si fanno sentire ogni minuto, gli haitiani si rifiutano di vivere nelle loro case in cemento, per paura di nuovi crolli. Tutti cercano di rifugiarsi in baracche con i tetti di latta o in tende distribuite dalle varie organizzazioni qualche giorno dopo il sisma. Le piazze pubbliche sono ormai irriconoscibili, ad ogni angolo, in ogni quartiere ci sono migliaia di tende.

Tutta questa gente disperata cerca di dimenticare la loro tragedia. Voi senz’altro vi chiederete che cosa abbia fatto il governo. La risposta è che nei messi successivi al sisma, si sono moltiplicate gli incontri, le riunioni nella vicina Repubblica Dominicana, diversi milioni di dollari sono stati sbloccati e stanziati dalla comunità internazionale in favore del popolo haitiano, ma qui a Port-au-Prince non si vede alcun cambiamento.

Il paese del buon Dio ha già avuto la sua buona dose di disperazione, fino all’arrivo dell’epidemia di colera che rabbiosamente uccide in breve 3’759 persone, dato comunicato dal Ministero della salute pubblica di Haiti.

Un male tira l’atro, dice un famoso proverbio. E proprio mentre si cerca di gestire l’epidemia di colera, cadiamo in piena crisi elettorale il 28 novembre 2010. Beninteso, da notare che le urne sono già piene di voti ancor prima che la gente arrivi a votare. Ciò solleva l’indignazione popolare… E quando arrivano i risultati per il secondo turno, con il ballottaggio tra la signora Manigat e Jude Celestin, scoppia un altro scandalo. La gente è arrabbiatissima, perché il voto popolare non è stato rispettato. La maggior parte degli uffici pubblici nella città di Cayes vengono incendiati. A Port-au-Prince le manifestazioni violente si susseguono. Pneumatici incendiati invadono le strade principali, e come al solito un gruppo di violenti se ne approfitta di questa crisi e la gente comune deve subire le consequenze.

Ieri 12 gennaio 2011 abbiamo ricordato la catastrofe di un anno fa. Nulla è cambiato per Haiti. Anzi il degrado aumenta sempre più.

Fa molta rabbia vedere i risultati elettorali e per questo lo Stato Americano è dovuto intervenire. Secondo la stampa nazionale i risultati elettorali sono stati consegnati alle autorità haitiane, ma il presidente non li ha ancora divulgati. Le notizie non ufficiali che circolano dicono che Michel Martelly (terzo classificato ed escluso dal primo ballottaggio) sarebbe secondo solo alla Signora Manigat. Questo risultato escluderebbe il candidato al potere, Jude Celestin.

E in mezzo a tutto ciò, il colera che non vuole fermarsi.
Ancora una brutta notizia: alcuni scienziati prevedono altri violenti sismi ad Haiti.
Preghiamo Dio che ci preservi.

Dott.ssa Marie Spenza Pierre
(responsabile dell’ambulatorio di Missione Possibile presso la casa Remar a Port-au-Prince)

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